Come lavoro

il ciclo del contatto

un viaggio insieme

Quando faccio psicoterapia mi piace immaginarmi la persona che ho di fronte come un compagno di viaggio. Dentro tale frase sono racchiusi due capisaldi del mio modo di fare psicoterapia: l'accoglienza e l'esperienza.

Il mio lavoro parte dall'accoglienza. È importante sentirsi accolti per potersi poi coinvolgere nel viaggio alla scoperta di sé stessi. La psicoterapia è il luogo dove potersi sperimentare, e per farlo è importante sentirsi a proprio agio e non giudicati.

A partire dall'esperienza vissuta nel qui ed ora, aiuto la persona a prendere consapevolezza del proprio modo di muoversi nel mondo e di ciò che le crea disagio e/o insoddisfazione. Successivamente l'accompagno nello sperimentare possibilità altre per rispondere ai propri bisogni e desideri nella direzione di migliorare la propria qualità di vita. Per fare ciò risulta fondamentale lavorare sull'assunzione di responsabilità, poiché l'esistenza diventa libera quando ce ne assumiamo la responsabilità.

In quanto esseri umani non possiamo prescindere dall'essere in relazione con il mondo, con gli altri e con noi stessi. La relazione tra cliente e terapeuta diventa un aspetto fondamentale della terapia nonché il primo passo per iniziare insieme questo viaggio.

“Fare psicoterapia è come scrivere un romanzo a due mani, intraprendere un viaggio insieme che tende all'infinito”
Emanuele Ortino

sento, penso, faccio

Essendo immersi nel mondo siamo investiti quotidianamente da un gran numero di stimoli ambientali. Di questi una parte attiva il nostro sistema sensoriale il quale risponde generando sensazioni ed emozioni. Partire dalle proprie emozioni significa andare al cuore della propria esistenza. Il termine emozione deriva dal latino e–movère, ossia “muovere verso”. L'emozione è, dunque, la base dei nostri movimenti sia interni che esterni. Divenire consapevoli delle proprie emozioni significa entrare in contatto con sé stessi, assumersi la responsabilità di ciò che si sente. La società nella quale viviamo ci ha abituati a dare poca importanza al nostro sentire; riappropriarsi delle proprie emozioni significa riappropriarsi di sé stessi, dei propri bisogni e desideri. Le emozioni non sono giuste o sbagliate, né buone o cattive; sono e basta. L'unica cosa che possiamo fare è accoglierle senza giudizio e, a partire da ciò, decidere la direzione che vogliamo intraprendere.

Una volta divenuti consapevoli delle proprie emozioni il passo successivo consiste nel decidere cosa fare con quello che si sente; ed è qui che si producono i pensieri. Sentendo quello che sento immagino cosa voglio. Questo passaggio può sembrare semplice ma non sempre è così poiché dentro di noi sussistono differenti parti che spingono verso direzioni e desideri diversi, spesso contrastanti. Ciò può creare un conflitto, un blocco nel quale ci si sente come “senza via d'uscita”. Il mio lavoro consiste nell'aiutare la persona a riconoscere queste diverse parti interne e nel favorire la comunicazione tra loro per giungere ad un qualche tipo di scelta, essendo consapevoli che ogni scelta comporta una rinuncia.

Una volta che le parti interne sono entrate in contatto tra loro ed è stata individuata una direzione, è possibile effettuare una scelta consapevole e responsabile; ossia mettere in atto azioni che tendono verso l'orizzonte desiderato. L'azione non si esaurisce nel comportamento, ma genera una risposta, sia esterna che interna, con nuove sensazioni ed emozioni; e il ciclo riparte. Le azioni sono una parte importante al pari di emozioni e pensieri, poiché agire significa scegliere e la scelta ci restituisce la libertà di essere artefici della nostra esistenza.

il setting terapeutico

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